In caso di pioggia l'iniziativa con Zero Calcare di mercoledì 28 febbraio delle 17,30 a Cremona, si terrà presso il Teatro Monteverdi in via Dante 149.

Oggi alle 3.30 del mattino con il favore del buio

i reparti speciali della polizia di Stato si sono introdotti nello stabilimento Prosus di Vescovato, identificato i lavoratori che erano sulle gabbie, in occupazione dal 17 ottobre e fatto entrare la polizia privata chiamata dall’azienda che ha preso possesso dello stabilimento.

I  lavoratori  Prosus sono in lotta da quattro mesi, nel mese di ottobre, infatti, l’azienda decideva di procedere ad una ristrutturazione rivolta alla vendita dei suoi siti, compreso quello di Vescovato.

Lo sgombero di oggi non ferma la lotta dei lavoratori Prosus,  dal presidio davanti ai cancelli della Prosus di  Vescovado che non smobilita i lavoratori rilanciano la mobilitazione contro il sistema degli appalti e per la difesa dei posti di lavoro.

La solidarietà e la lotta sono le nostre armi , schiavi mai !!

Mercoledì 28 febbraio appuntamento a Cremona

Luogo e orario saranno comunicati nei prossimi giorni

hanno aderito gli operai della logistica, dei porti, dell’industria, sarà con noi anche Zero Calcare.

Fonte https://www.usb.it/leggi-notizia/prosus-di-vescovado-il-blitz-della-polizia-non-disarma-la-lotta-tocca-uno-tocca-tutti-il-28-febbraio-manifestazione-a-cremona-1312.html

 

70mila firme depositate per il salario minimo.

Lo scorso 28 novembre una delegazione di Unione Popolare, cui hanno preso parte, tra gli altri, il portavoce nazionale Luigi De Magistris, il segreta-rio nazionale di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo, Paolo Ferrero, il responsabile nazionale Lavoro PRC Antonello Patta, il portavoce di Potere al Popolo Giuliano Granato e il segretario regionale PRC lombardo Fabrizio Baggi, ha depositato in Senato, congiuntamente  a USB, più di 70 mila firme  raccolte in sostegno alla proposta di legge d’iniziativa popolare sulle disposizioni in materia di salario minimo, di cui 749 provenienti dalla nostra provincia (raccolte da Rifondazione Comunista e Unione Sindacale di Base): 345 dal cremasco,  345 dal cremonese e 59 dal casalasco. Si è trattato di un lavoro molto intenso che ha coinvolto, oltre che le organizzazioni proponenti (Unione Popolare e USB), anche altre forze politiche e sindacali che hanno dato la loro adesione a questa campagna costituendo un vero e proprio comitato sostenitore composto da: Le Radici del Sindacato (Sinistra CGIL), Confederazione Unitaria di Base, Sinistra Anticapitalista, Partito Comunista Italiano, docenti universitari come Tomaso Montanari, giornalisti  come Roberto Ciccarelli, personalità della cultura e dello spettacolo come Moni Ovadia e altri. Iniziata il 2 giugno scorso, data scelta non a caso per ricordare che la Repubblica che si festeggia quel giorno è fondata sul lavoro, la raccolta firme ha avuto luogo in ogni parte d’Italia nel corso di varie manifestazioni e davanti a luoghi di sfrutta- mento come fabbriche, locali e stabilimenti balneari fi no ad arrivare alle piazze cui Unione Popolare ha preso parte in occasione dello sciopero generale proclamato da CGIL e UIL contro la legge di bilancio del 17 novembre, in occasione del quale ha terminato la raccolta. Ai nostri banchetti abbiamo potuto constatare direttamente come si tratti di un tema molto sentito dalla gente che vive sulla propria pelle le conseguenze dei bassi salari; in Italia ci sono infatti milioni di lavoratori che vivono con stipendi da fame anche di 4/5 euro l’ora insufficienti per arrivare a fi ne mese e quindi permettere loro di progettare il proprio futuro e mettere su fa- miglia. Tanti di loro, quando sono venuti a firmare, si sono intrattenuti per parlare delle loro esperienze e testimonianze. In questi mesi Unione Popolare, piccola organizzazione nata poco più di un anno fa e ancora in crescita, ha consentito agli sfruttati e alle sfruttate di poter dire basta alla loro condizione firmando una proposta di legge che fissi un salario minimo di 10 euro lordi l’ora per tutti agganciato all’inflazione affinché  non perda valore dimostrando quanto sia ancora utile oggi l’esistenza delle forze di Sinistra e comuniste come UP e Rifonda-zione, per quanto deboli e inca-paci d’incidere possano essere fuori dalle principali istituzioni politiche del paese. Ora il Senato, una volta accertato il superamento delle fi r- me necessarie, sarà tenuto ad assegnare alla Commissione competente il testo della pro-posta che dovrà cominciare ad esaminare entro un mese e concludere entro tre mesi, pena il passaggio immediato della discussione in aula.

Dal momento che il governo e la sua maggioranza in questi mesi sono stati completamente sordi ad ogni ipotesi di fissare un salario minimo per legge (anche di fronte alle firme raccolte dall’opposizione parlamentare in appoggio alla propria proposta differente dalla nostra), non nutriamo illusioni sulle sorti della nostra legge, per cui sarà necessario portare avanti la battaglia nelle piazze per sollecitare il Parlamento a legiferare in controtendenza rispetto a quanto fatto finora.

Nel frattempo prosegue la raccolta firme per la proposta di legge d’iniziativa popolare presentata da USB per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e lesioni gravi e gravissime alle lavoratrici e ai lavoratori, necessaria per contrastare un altro fenomeno drammatico: quello delle morti sul lavoro. Come Partito della Rifondazione Comunista abbiamo aderito a questa campagna e affiancati da USB in questi mesi nella raccolta firme e continueremo il nostro impegno affinché anche questa proposta di legge arrivi nelle aule parlamentari.

Simone Antonioli.

La Confederazione USB Cremona Mantova aderisce alla manifestazione indetta per sabato 2 dicembre a Cremona a sostegno della lotta dei lavoratori del macello Prosus contro i licenziamenti, contro il sistema malato degli appalti, per il diritto di sciopero. Il concentramento della manifestazione è alle ore 15 al Foro Boario (parcheggio di via Mantova). Invitiamo i cittadini e le forze politiche, associative e sindacali che si riconoscono negli obbiettivi della manifestazione a partecipare.

La storia

Da ormai più di un mese i lavoratori del macello Prosus di Vescovato, in provincia di Cremona, stanno portando avanti una fortissima lotta per difendere i propri posti di lavoro e la loro dignità: la proprietà, infatti, vuole vendere l’impianto e per rendere più appetibile l’affare ha deciso di licenziare decine di lavoratori. Ma i lavoratori del macello Prosus non si sono dati per sconfitti e hanno preso l’iniziativa, occupando l’impianto e salendo sulle giostre dove vengono appese le mezzene dei maiali durante la lavorazione. In questo periodo la proprietà ha fatto di tutto per dissuaderli, stringendoli in un vero e proprio assedio e arrivando perfino ad attentare alla loro salute in una situazione già precaria. Solo grazie alla solidarietà delle comunità migranti e degli operai delle altre fabbriche del territorio, con reti attivate da USB, si è riusciti a rompere l’assedio. Sabato 2 dicembre ci sarà una grande manifestazione a Cremona, per difendere il diritto al lavoro degli operai in occupazione.

Ma andiamo con ordine, ripercorrendo la storia di lotta degli operai Prosus dal principio.
USB entra nell’impianto grazie all’iscrizione dei lavoratori degli appalti, circa un’ottantina. Erano presenti tre cooperative ed un’agenzia interinale: Dharma, Tre T, Dharma Onlus e l’agenzia internale Sapiens. Queste svolgevano un lavoro misto, tra logistica e semilavorati di carne, un appalto di per sè non genuino e che ci ha portato anche a denunciare presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Cremona, esclusa Dharma Onlus che invece si occupava di pulizia e sanificazione degli ambienti.

Tra subentri e appalti, una realtà purtroppo nota nella logistica, il precedente fornitore di servizi era letteralmente fuggito con la cassa, non pagando una serie di istituti contrattuali tra cui il TFR: di quest’ultimo in particolare, in caso di inadempienze della ditta appaltatrice, risponde solidalmente il committente. Un istituto che dovrebbe essere, in teoria, blindato avrebbe dovuto pagare Prosus, se questa non avesse potuto pagare sarebbe intervenuto il fondo di garanzia di Inps. La cooperativa subentrante ha però fatto un prestito ai lavoratori, in sostituzione del TFR. La proprietà ha fatto passare due anni, fino allo scadere dei termini di prescrizione. Risultato? I lavoratori sono rimasti senza il TFR. Questa è, purtroppo, la realtà di Prosus.

USB da anni porta avanti un importante vertenza nell’azienda cremonese, che ricordiamolo è leader nella produzione del prosciutto crudo: vogliamo che i lavoratori, inquadrati con il pessimo contratto multiservizi che prevede letteralmente paghe da fame, vengano inquadrati con il contratto dell’industria alimentare, che rispetta la loro vera mansione. Dopo questa grande vertenza USB ha ottenuto un primo risultato: un’indennità mensile come anticipo ai lavoratori delle cooperative, fino a che non sarà applicato il contratto dell’alimentare. I lavoratori, in segno di protesta, entrarono nello stabilimento con delle scope: se mi paghi per le pulizie io faccio quello, mentre la carne te la tagli da solo. Questa lotta ha portato ad interinalizzare interi gruppi di lavoratori, tra cui tutti gli interinali che dovettero salire sul tetto per costringere la proprietà a assumerli direttamente: l’agenzia interinale, infatti, se ne era andata e loro rischiavano di rimanere per strada.

Prosus ha un impianto che può lavorare fino a tredicimila capi al giorno, esportando prosciutto e semilavorati soprattutto in Cina e sul mercato orientale. Ma con lo scoppio della peste suina l’investimento importante di un’azienda troppo ambiziosa viene disatteso e Prosus, a causa della chiusura dei mercati internazionali, non riesce a rientrare delle spese folli fatte per conquistare il Sol Levante. Entra a questo punto in campo la manager Isabella Pedroni, una di quelle figure che viene tirate in causa quando c’è da far quadrare i conti a scapito di chi lavora: donna con una storia in Mediaset si è specializzata nell’arte del taglio al personale, un compito che ha svolto anche a livello internazionale per Telecinco in Spagna.

La scelta che viene fatta è di mettersi sul mercato tagliando i posti di lavoro: un impianto che fa lo stesso lavoro ma con meno personale, tutto a scapito della vita e della salute degli operai. Scatta la cassa integrazione per i dipendenti diretti che copre solo due terzi del loro normale stipendio, senza pagare alcun anticipo. Se non viene pagata la quota dovuta dall’Inps, lo stipendio scende fino ad un quarto. In questo modo, tra stipendi da fame e molti se ne sono andati. E gli ottanta lavoratori delle cooperative? Recesso anticipato del contratto di appalto: Tre T apre una procedura di licenziamento collettivo, Dharma con uno spostamento in appalti lontani e difficili da raggiungere. Dal 17 di ottobre, quindi, i lavoratori in appalto sono saliti sulle giostre.
Da quel momento comincia l’assedio contro i lavoratori, viene staccata l’acqua calda, disattivati i distributori per affamarli, spalancate le celle frigorifere vuote al massimo della potenza per farli congelar, fino ad arrivare a staccare la luce. Veri e propri attentati alla salute di chi, invece, chiede soltanto di poter lavorare a condizioni decenti.

Ma non finisce qui: la proprietà tenta di scatenare la guerra dei dipendenti diretti contro quelli in appalto saliti sulle giostre sostenendo che, se non fossero scesi, l’azienda sarebbe fallita. Un tentativo di divide et impera andato miseramente fallito, da parte della proprietà e dei manager: l’azienda non è fallita e anzi, è stata aperta una procedura di composizione negoziata, che potremmo tradurre in cassa integrazione per i padroni. Il tribunale competente nomina un consulente che fa da mediatore e cerca degli acquirenti per pagare i creditori dell’azienda.
La procedura, in questo caso, è andata a buon fine, visto che sono state fatte delle proroghe. Il consulente ha dichiarato una manifestazione di interesse da parte di un fondo di investimento olandese. Prosus, infatti, è tecnologicamente avanzata e rappresenta un affare d’oro per i grandi fondi di investimento.

I lavoratori rimarranno dentro fino a che non otterranno il lavoro: hanno contribuito a rendere l’azienda una realtà forte dell’industria alimentare italiana e questo deve essere loro riconosciuto, non se ne possono semplicemente liberare come un Kleenex usato! Se arriverà la vendita, l’acquirente si troverà ancora i lavoratori sulle giostre: la loro resistenza è un esempio per tutti gli operai che lavorano nel nostro Paese, la lotta di Prosus è la lotta di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici.

L’Unione Sindacale di Base è al loro fianco: per il lavoro e la dignità non faremo un passo indietro.

In tanti con noi. E il tempo per intervenire c'è.

Davvero importante la partecipazione sabato scorso all'assemblea convocata dal Movimento per la riqualificazione dell'Ospedale di Cremona. Nonostante il richiamo del piacevole tiepido sole pomeridiano e l'attrazione offerta dalla festa del torrone la grande sala dell'Associazione Filodrammatici era al completo: le sedie e i divanetti erano totalmente occupati e tante persone in piedi hanno seguito il dibattito dal corridoio laterale. La cosa che più ci ha colpito, oltre alla folta presenza, è stata la qualità dell'iniziativa a partire dagli interventi introduttivi che hanno fornito dati, spunti di riflessione e considerazioni a tutto tondo sulla situazione dell'ospedale e della sanità territoriale e fatto il punto sulla capacità di mobilitazione e sulle iniziative finora svolte dal Movimento a partire dal successo della raccolta firme on line e cartacea ancora in corso. Questi primi interventi sono stati subito ripresi e arricchiti da una vivace partecipazione da parte di chi riempiva la sala. Non è stato un convegno, è stata un'assemblea vera di persone preoccupate per la concreta accessibilità al servizio sanitario e alla garanzia del diritto alla salute sul nostro territorio provinciale per tutte e tutti. Condividiamo i punti fondamentali emersi dalla discussione come la possibilità reale di ammodernamento e ristrutturazione dell'edificio esistente, lo spreco di denaro pubblico con la costruzione ex novo dell'ospedale (spesa peraltro difficilmente contenibile nelle cifre ufficiali finora emerse), le conseguenze ambientali connesse all'abbattimento del vecchio Ospedale, il recupero di risorse dai minori costi della ristrutturazione da impiegare nelle strutture territoriali, come le case della salute, previste delle leggi regionali ma ad oggi del tutto insufficienti se non inesistenti. Se a questo si aggiunge la carenza dei medici di base ci si può facilmente rendere conto di quanto precario sia diventato l'accesso gratuito alle cure nel nostro territorio. E' emersa chiara la consapevolezza che un ospedale nuovo concepito per alcune cure altamente specialistiche, con pochi posti-letto, porti a un'inevitabile diaspora degli utenti verso le strutture della sanità privata convenzionata e non convenzionata, con un drenaggio continuo di soldi pubblici verso la sanità privata e un più oneroso esborso da parte degli utenti (quelli che ovviamente possono permetterselo). Inoltre l'idea di portare al declino una struttura esistente e funzionante per rendere necessaria una nuova costruzione in realtà è già iniziata da anni come la Corte dei Conti ha rilevato in queste settimane a proposito di  svariati milioni disponibili mai spesi. Al contrario sono stati pagati indennizzi a imprese in seguito alla cancellazione di lavori di ammodernamento già appaltati.

La condivisione da parte di tutto il territorio sulla centralità di questa lotta è molto forte: tante sono le firme arrivate anche dal Casalasco e dal Cremasco, forti e molto apprezzate sono state le testimonianze di chi lotta per la difesa dell'Ospedale Oglio Po e di chi ha dovuto assistere impotente a quanto è successo all'ospedale di Soresina e di cosa oggi è quella struttura. E' emerso inoltre anche un problema, non secondario, che potremmo definire sindacale: il malcontento e i dubbi tra il personale ospedaliero sono più diffusi di quanto non appaia. In questa vicenda evidentemente i lavoratori e le lavoratrici non si sentono abbastanza tutelati nel loro diritto ad esprimersi in libertà. Il diritto alla salute per tutte e tutti è garantito fondamentalmente dalla professionalità, dalle condizioni di lavoro, dall'organizzazione, dagli orari, dal riconoscimento anche economico del personale, dalle strumentazioni e dalle tecnologie a disposizione: ciò che conta e che fa la differenza non sono i muri ma le persone. Come forza politica abbiamo espresso la nostra posizione netta a favore della ristrutturazione dell'ospedale fin dal 2020, quando la stampa locale ha dato notizia del nuovo progetto, e poi in interventi successivi. Oggi con ancora più convinzione sosteniamo questa battaglia che sta coinvolgendo tante persone che hanno deciso autonomamente di prendere parola e di autorganizzarsi, fare controinformazione e iniziative per difendere il diritto universale alla salute. Non è un battaglia persa, il tempo c'è, nonostante quello che ci viene detto ogni giorno. Il processo è solo all'inizio, come è emerso chiaramente dall'assemblea di sabato e si può con determinazione e volontà lottare per cambiare quello che sembra impossibile mutare. E allora avanti tutta con le prossime e sempre più partecipate mobilitazioni del Movimento.

Francesca Berardi

cosegretaria della federazione provinciale del PRC-SE

Riteniamo doveroso che le persone sappiano cosa sta accadendo alla popolazione residente nella già martoriata striscia di Gaza.

Pertanto pubblichiamo questo audio di Giuditta Brattini, volontaria di "Gazzella onlus".

Area donna, basta confusione. Si investa nella sanità pubblica.

Dopo aver appreso a mezzo stampa dell’inaugurazione di Area donna presso l’Istituto Ancelle di Cremona siamo stati pervasi da sentimenti contrastanti: se di per sé la creazione di un altro spazio dedicato alla prevenzione della patologia mammaria è una buona notizia, dall’altro lato, però, stride la scelta del nome stesso, che fu della Breast Unit prima e del reparto poi dedicato alla senologia del Maggiore.

Poichè il tumore alla mammella è una patologia fortemente incidente e prevalente nella nostra provincia, ben vengano i servizi volti alla prevenzione e diagnosi, in quanto lo screening mammografico ed ecografico sono essenziali nell’intercettazione precoce della malattia ai fini di abbattere il tasso di mortalità. Chiamare però questo luogo proprio “Area Donna”non può che rievoca la vicenda e la mobilitazione dei cittadini  dopo che lo scorso si è assistito ad una riorganizzazione aziendale che di fatto ha fatto perdere al servizio la sua peculiarità. Premesso che non si intende polemizzare in alcuno modo con le scelte delle unità operative che anzi, vedono coinvolti più facilmente i professionisti in un team multidisciplinare dedito alla cura della patologia neoplastica in generale, quello che infastidisce è proprio la confusione che viene generata attribuendo proprio quel nome ad uno spazio, seppur importante, che si riferisce alle “sole” fasi di prevenzione, screening e diagnosi e non a quel luogo di cura eccellente di presa in carico delle malate in tutto il loro percorso.

L’altro elemento che rischia di generare confusione tra l’offerta sanitaria pubblica e quella di tipo privato convenzionato nella nostra provincia, è stata proprio la presenza all’inaugurazione al taglio del nastro del Direttore Sanitario Rosario Canino con tanto di badge di Asst Cremona al collo. Anche questo elemento non vuole essere motivo di polemica ma vuole sottolineare l’attenzione che come cittadini e attivisti politici mettiamo nel ribadire che, se in Regione Lombardia il privato accreditato, su necessità dei bisogni e della programmazione di ATS Valpadana, è in concorrenza con l’offerta sanitaria delle strutture pubbliche, allora sorge spontaneo chiedersi qual è il ruolo del dirigente sanitario di Asst Cremona in quell’occasione? Forse nessuno, e lo abbiamo trovato fuori luogo.

Non possiamo che unirci alle parole di CGIL recentemente pubblicate a mezzo stampa sul tema e ribadire l’importanza di continuare a investire nella sanità pubblica di eccellenza, proprio quella che negli ultimi decenni è stata depredata di risorse umane e materiale per il funzionamento dei servizi, quegli stessi che vedono spesso il privato accreditato come erogatore di prestazioni a basso rischio e alto rendimento, mentre viene demandato al pubblico di erogare prestazioni ad alti costi ed alto rischio, come questa volta".

Partito della Rifondazione Comunista -  Unione Popolare 

Lettera al quotidiano "La Provincia"

Signor Direttore,

ci permetta di rispondere ai principali enunciati, ben riportati nell'articolo "tutti lo vogliono fare" di Massimo Schettino del 21 aprile, del direttore dell'Asst Rossi e del direttore del dipartimento e sostenibilità e sviluppo strategico Bracchi, in merito alla costruzione del nuovo ospedale a Cremona. Si scrive: "Tutti lo vogliono fare!" Ma ne siamo sicuri? I veri stakeholder sono i cittadini del territorio cremonese e allora per noi è fondamentale che ci sia una consultazione popolare che decida il destino dell'attuale ospedale costruito 50 anni fa e non certo più vecchio e più inadeguato di chi ora pensa di demolirlo.

"Le linee guida dettate dall'Asst di Cremona sono rivoluzionarie e le ditte che parteciperanno al concorso devono seguirne le direttive" - dichiarano gli intervistati. Certo è che al temine della procedura di gara verranno complessivamente pagati ai concorrenti ben 4 milioni di euro. E ancora si sosteniene che all'appalto dei lavori si avverrà nel 2025, la costruzione avverrà in almento 4-5 anni, gli eventuali aumenti di materiali si ricalcoleranno nella fase del progetto esecutivo e l'aumento dei costi sarà coperto: peccato che tra pandemia e guerra ci sia in Italia un'accelerazione forte della speculazione che trascina anche l'inflazione e che i costi dei materiali edili siano fuori controllo. E' evidente che in queste condizioni il preventivo previsto di  330 milioni sarà ampiamente superato. 

Ma a fronte anche dell'eventuale aumento dei costi il direttore Rossi sostiene che "il nuovo ospedale sarà un unicum nel mondo", "un'idea completamente nuova". Ritorna la presunzione di sapere come evolverà la sanità, ma soprattutto la medicina del futuro; la tecnologia usata nella nuova costruzione dovrà essere preveggente e costruita per qualcosa che ancora non c'è al mondo, "ma noi - sostengono gli interlocutori,  lo sappiamo, e già ora la predisponiamo per l'anno 2030".

Cremona ha trovato un genio della sanità che con capacità divinatorie ci darà un ospedale costantemente adeguato per gli eventi sanitari del futuro? O invece accadrà che, come successo con la pandemia per cui le strutture sanitarie non erano pronte ad affrontarla, il nuovo ospedale sarà inadeguato per eventi sanitari che ora non si possono prevedere?  Anche solo 10 anni sono una eternità: il ritmo delle scoperte in medicina e in ingegneria genetica fa diventare una granitica convinzione di oggi uno sbiadito ricordo domani.

Non  è il contenitore ad essere importante, ma il contenuto di tecnologia e di capacità umane a fare la differenza tra un ospedale luccicante e un ospedale autorevole.

Immancabile nel discorso la spruzzata green e si afferma:"Impronta ecologica pari a zero!"

Questa è una vera favola. Si vuol far credere che l'energia impiegata per costruire ex novo una struttura sia inferiore all'energia impiegata per adeguare alle nuove necessità la struttura ospedaliera esistente. Se poi sommiamo l’energia usata nella demolizione e nello smaltimento dei materiali la differenza tra le due opzioni aumenta notevolmente.

E inoltre si sostiene che "la dorsale tecnologica permetterà di collegare i pazienti che sono nelle loro case con l'ospedale, i ricoveri quindi saranno per casi specifici. Negli Stati Uniti ci sono centinaia di medici che seguono a domicilio migliaia di pazienti e non c'è nemmeno un posto letto" idea anche affascinante ma fortemente inquietante, se si considera l'insufficienza della nostra medicina territoriale e delle strutture alternative ai grandi ospedali; immediatamente dopo veniamo informati che, più tradizionalmente rispetto all'esempio USA, "nel nostro nuovo ospedale ci saranno 554 posti letto in camera singola": ma si vuole ospitare a lungo il malato in un albergo o si devono ottimizzare cura e monitoraggio quando il malato sarà al più presto a casa con i suoi famigliari?

Rossi aggiunge che si è subito accorto che l'attuale ospedale fosse inemendabile: mago di tutte le tecnologie ha deciso di evitare grane nell'affrontare i problemi di adattamento alle situazioni sempre diverse che pone la medicina con il passare degli anni.

Ma la vera manna per questi filosofi è che "tutte le istituzioni del territorio sono d'accordo e ci hanno permesso di VOLARE". Speriamo invece che avvenga uno stallo, che faccia abbandonare l'aereo a tutti questi megalomeni che vogliono legare il loro nome ad una struttura fondamentale per la comunità. Chiediamo ai cittadini cremonesi di dare fiducia ai veri piloti di questa struttura: le persone che ci lavorano e che ogni giorno vedono e risolvono le necessità via via sempre diverse e imprevedibili che incontrano, cercando di migliorare la salute e il benessere di tutti noi che ricorriamo a loro non pensando all'ospedale come un albergo o a una stazione spaziale.

Enrico Gnocchi

Partito della Rifondazione Comunista -  Unione Popolare