Finalmente ci si sta accorgendo che la riforma Delrio è una truffa,

un danno alla vita istituzionale del nostro Paese, all'esercizio della democrazia, ai diritti dei cittadini come destinatari dei servizi e in alcuni casi come lavoratori dell'ente stesso.
Per riaccendere e movimentare il dibattito sulle condizioni in cui versano le Province ci si è dovuti imbattere nella gravissima situazione denunciata qualche giorno fa dal presidente Davide Viola sull'impossibilità di chiudere il bilancio dell'ente locale.
Quando la riforma era solo un disegno di legge, conosciuto non a caso come lo "svuota province", nel dicembre 2013, come gruppo consigliare provinciale PRC-PdCI, uscimmo con un volantino molto chiaro sulle false motivazioni della riforma e sulle pericolose conseguenze che avrebbe avuto la sua approvazione definitiva. Puntualmente quelle previsioni si sono realizzate. In nome del cambiamento a tutti i costi e in nome della demagogia della riduzione delle poltrone e dei costi della politica, si è svuotato un ente utilissimo, che decide su beni e servizi essenziali come strade (ci sono più di 130.000 km di strade provinciali), trasporti, scuole (oltre 5000 sono le scuole superiori), ambiente, riassetto idrogeologico, servizio idrico: si tratta di beni e servizi che garantiscono ai cittadini diritti costituzionalmente sanciti. Si è resa la Provincia un ente incapace di sostenere finanziariamente tali vitali funzioni istituzionali e lo si è sottratto all'esercizio della sovranità popolare e quindi al controllo diretto da parte della cittadinanza. Un capolavoro! E nonostante questo si fa ancora fatica a costruire una battaglia seria per chiedere e ottenere il ritiro della nefasta riforma e il ritorno alle Province così come previste dalla nostra Costituzione. Mi correggo: la battaglia è stata fatta ed è stata pure vinta dai cittadini con il voto referendario del 4 dicembre scorso, voto che respingendo in modo netto la riforma costituzionale Renzi-Boschi avrebbe dovuto anche spazzare via la riforma Delrio. Ma non è stato così. Questo dovrebbe suscitare qualche riflessione sullo stato della democrazia nel nostro Paese, su cosa significhi sovranità popolare (che nonostante tutto rimane fondamento della Repubblica) e sulla responsabilità di chi dovrebbe garantire il rispetto e l'applicazione della Costituzione.
Nel 2013 denunciavamo tutti questi rischi e, dopo aver contribuito alla vittoria del NO alla riforma costituzionale, li abbiamo richiamati fortemente in occasione dell'ultima tornata elettorale provinciale e nel maggio scorso aderendo alla mobilitazione organizzata dall'UPI, da tanti sindaci e consiglieri comunali. Rilanciamo oggi la battaglia comune per l'abolizione della riforma Delrio, per garantire servizi di qualità ai cittadini, la difesa dei posti di lavoro dei dipendenti delle province e il rispetto della volontà popolare espressa il 4 dicembre.