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Ne ho sentite di ogni in questa ultima settimana, da quando il gruppo di ragazzi bene informati, altrettanto organizzati e determinati del Comitato Antisfratti (che da mesi si batte contro gli sfratti per morosità incolpevole, si batte cioè contro l'ingiustizia della povertà) ha deciso di occupare una palazzina disabitata di proprietà del comune per affidarla ad alcune famiglie che fino a pochi giorni fa erano senza un tetto sulla testa. L'assessore Amore, che col Comitato ha avuto spesso a che fare in questi mesi, ha affermato che il tema "la casa per tutti" è improponibile e impossibile (non sarà mica un diritto universale esigibile, no?) e che un conto è il diritto alla casa e un conto sono i requisiti per averla. E sì, perché per avere diritto ad una casa a prezzi calmierati non basta appartenere al genere umano, avere serissimi problemi economici e magari anche di salute e pure qualche minore da mantenere, ma bisogna possedere altri requisiti, quelli imposti dalla normativa regionale, tipo un contratto di lavoro (oggi così facilmente ottenibile da tutti gli uomini e le donne di buona volontà), oppure svariati anni di residenza in Lombardia (sentito mai parlare di quel fenomeno che si chiama mobilità? Oppure di persone che emigrano per cercare un lavoro o per salvarsi la pelle?). Dando un tetto a chi non possiede questi requisiti, dice l’assessore, si rischia di commettere pesanti discriminazioni.
Difendersi dietro il paravento di una legge discriminatoria per non essere tacciati di fare discriminazioni è davvero paradossale! L'assessore ai servizi sociali da una parte relativizza il diritto di ogni persona ad usufruire di una casa — bene essenziale per vivere una vita dignitosa — e dall'altra universalizza i requisiti cioè i paletti razzisti e completamente inadeguati alla realtà di oggi imposti dalla normativa regionale. Ma questo comportamento è tanto più criticabile in quanto le istituzioni stesse oggi non sono in grado di soddisfare nemmeno quanto previsto dai famigerati requisiti della legge in vigore, perché le graduatorie sono sempre e comunque piene di domande di persone che hanno sì i requisiti ma non riescono comunque ad ottenere una casa: e allora come la mettiamo? A cosa serve a un povero "essere qualificato" se la casa a cui ha diritto comunque non esiste o non gli viene assegnata? Può solo consolarsi di essere un po' più fortunato dei tanti altri poveri che non rispondendo ai requisiti non hanno nemmeno il diritto di mettersi in fila ad aspettare il proprio turno! Magra consolazione: stanno comunque tutti al freddo.
Allora è il caso di fare tutti quanti una seria riflessione sull'inadeguatezza delle leggi oggi in vigore e di correre ai ripari (prima che il problema diventi tragedia infinita) riscrivendo la normativa, bloccando gli sfratti esecutivi, investendo seriamente sul patrimonio edilizio pubblico, gestendolo senza scopo di lucro e attraverso la partecipazione dei cittadini in modo da riconoscere e garantire a tutti il diritto fondamentale all'abitare.
"E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini..." questo dice l'art. 3 della nostra Costituzione. E' compito delle istituzioni farlo; ma se nulla viene rimosso? Se anzi oltre alle difficoltà materiali e alle oggettive disuguaglianze le istituzioni aggiungono altri ostacoli, altri paletti come quelli posti da leggi ingiuste? Allora le persone, dopo aver tentato tutte le strade percorribili senza aver ottenuto nulla, è sacrosanto che si autorganizzino con determinazione: si tratta di legittima difesa dalle ingiustizie e dall'ottusità di leggi in contrasto con la stessa Costituzione nata dalla Resistenza e non dalla pace dei sensi.
Ma la politica purtroppo risponde soprattutto ad altre necessità. Domenica scorsa un editoriale furioso, urlato dalla prima pagina del più diffuso quotidiano locale, lancia strali contro l'amministrazione comunale considerata perdente perché troppo morbida e persino disposta a un dialogo col Comitato e con i cittadini, evidentemente colpevoli di qualche immondo delitto (utilizzare un edificio pubblico disabitato per ciò a cui serve?). Il giorno dopo il Sindaco di Cremona si sente in obbligo di dimostrarsi all'altezza della situazione e della carica istituzionale che ricopre. Consapevole della propria responsabilità in materia di sicurezza e d'igiene pubblica, mosso principalmente dalla preoccupazione per la salute dei cittadini che in quella casa appena conquistata non possono vivere con dignità se privi di acqua, luce e riscaldamento (e l'inverno è alle porte!), decide di emettere una provvidenziale ordinanza che impone all'AEM-Lineagroup-Padania Acque di effettuare immediatamente gli allacci essenziali! “Bravo Perri, hai fatto tesoro dell’incontro di qualche mese fa con il Comitato Acqua, in cui tu stesso avevi detto scandalizzato che i distacchi di acqua sono una vergogna e ora ti schieri dalla parte dei poveri...”.
E invece no, mi sveglio dal sogno e mi debbo rimangiare i complimenti: perché il sindaco nella sua fulminea ordinanza usa proprio l’assenza degli allacciamenti ai servizi essenziali nella palazzina per giustificare una concretissima minaccia di sgombero delle famiglie. Cerco inutilmente sul testo dell’ordinanza tracce di una prospettiva o un’alternativa di sistemazione per quelle persone bisognose: nulla. Eppure sarebbe bastato al prof. Oreste Perri, Sindaco di Cremona, fare copia e incolla dalla lettera che il Comitato Acqua Pubblica gli ha scritto mesi fa, pochi giorni prima di Natale. Anche allora faceva freddo, anche allora, come oggi, c'erano famiglie senza acqua, luce e gas. In quella lettera il Comitato Acqua chiedeva, è vero, l’emissione di una ordinanza sindacale, ma con ben altro finale.
Francesca Berardi segretaria circolo prc CR