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La Direzione nazionale di Rifondazione Comunista ringrazia tutti i compagni e le compagne che hanno messo tutto il loro impegno nella campagna elettorale delle amministrative e nella piena riuscita della manifestazione del 12 maggio. Non si tratta di un ringraziamento rituale ma della piena consapevolezza che la nostra forza risiede nella libera adesione e nel lavoro gratuito che migliaia e migliaia di compagni e compagne danno al nostro partito.
Il risultato della tornata elettorale e la drammatica situazione in cui versa il paese ci chiedono un deciso salto di qualità nel lavoro politico. Il risultato elettorale di tenuta e l’ottima riuscita della manifestazione del 12 maggio ci permettono di affrontare questo compito con maggiore serenità e con la necessaria determinazione.
Il dato elettorale.
Il voto amministrativo ha registrato un vero terremoto politico. Una ulteriore riduzione della partecipazione al voto. La proliferazione di liste civiche che hanno raccolto oltre il 35% del totale dei voti espressi. La forte avanzata delle Liste 5 stelle, in particolare nel centro nord. Il pesante arretramento della Lega Nord e del PdL (hanno perso 2/3 dei voti in relazioni alle ultime regionali). Il significativo arretramento del PD (ha perso 1/3 dei voti in relazione alle ultime regionali). La disarticolazione del centro. Il pesante arretramento delle forze che sostengono il governo Monti.
In questo contesto, la Federazione della sinistra ha avuto un risultato di tenuta, positivo tenendo conto del terremoto che è avvenuto, ma che segnala però la nostra inadeguatezza nell’intercettare il crescente disagio sociale.
Gli elementi di fondo che emergono sono due:
In primo luogo, il disagio sociale determinato dalla crisi e dalle politiche del governo, assume le caratteristiche di una complessiva critica del sistema dei partiti e del sistema politico. Questo elemento è sovra determinante le stesse differenze tra le forze politiche in particolare nel cento Nord, in un contesto in cui il più forte fattore di produzione di antipolitica e di forme populiste è proprio il governo Monti. Si tratta di una situazione che ha qualche superficie di contatto con la situazione tedesca , dove il partito dei pirati ha raccolto larghe parti di criticità giovanile e che si differenzia molto dai risultati ottenuti in Grecia, Francia e Spagna dalle forze della sinistra di alternativa. La richiesta di cambiamento radicale – che si esprime attraverso le culture che vi sono a disposizione nella società - è vissuta in primo luogo come la richiesta di rovesciamento del sistema dei partiti e solo in seconda battuta come utilizzo dei partiti della sinistra per cambiare l’esistente.
In questo contesto assistiamo alla disarticolazione delle forme in cui erano aggregate e definite le forze di centro e di destra.
La situazione attuale
Ci troviamo quindi in una situazione in cui la crisi economica si intreccia con la crisi sociale e con la crisi del sistema politico. Una crisi organica del sistema in cui tutto cambia e in cui in particolare vengono oggi messi in discussione gli strumenti tradizionali dell’agire politico. Ecco così che la critica della casta e della politica assume un aspetto totalizzante che mette in secondo piano il tema delle scelte di politica economica. Così appare più radicalmente antisistema chi critica i partiti piuttosto che chi critica le banche. Se – come abbiamo detto più volte - la crisi è una crisi costituente che determinerà una trasformazione sociale, culturale e politica della profondità di una guerra, stiamo assistendo ai primi violenti scossoni di questa grande trasformazione. La situazione si è messa in veloce movimento e decisiva è la nostra capacità di aggiornare passo passo la nostra posizione al fine di essere efficaci nella battaglia politica per determinare una uscita da sinistra dalla crisi.
Dal Congresso ad oggi abbiamo seguito una linea politica corretta che ha messo al centro l’opposizione al governo Monti, il tema della costruzione del partito sociale e delle lotte, l’unità a sinistra.
E’ però evidente che quanto abbiamo fatto è stato utile e corretto ma non è sufficiente. Siamo in una fase di guerra di movimento e non di guerra di posizione e quindi non è sufficiente tenere la posizione ma è necessario muoversi rapidamente. A partire da questa consapevolezza dobbiamo sviluppare la nostra azione politica al fine di ottenere quella efficacia nel rapporto di massa che è per noi decisivo. E’ infatti del tutto evidente che la pura prosecuzione dell’azione politica sin qui condotta non è sufficiente a raccogliere il disagio sociale su un progetto di alternativa.
La riprogettazione della nostra azione deve avere tre indirizzi di fondo:
Occorre partire dalla critica della politica per arrivare alla critica dell’economia politica. Si tratta di connettere i due terreni e non di pensare di sostituire il secondo al primo. La critica della politica è oggi così forte da assumere un carattere non aggirabile per rendere efficace la critica del sistema economico. Questa critica riguarda anche noi e siamo chiamati ad una risposta in avanti. La critica del sistema dei partiti ha infatti una dimensione tale da rappresentare un punto di non ritorno: il nodo è se questa critica approderà alla demolizione della democrazia in nome della gestione tecnica degli interessi forti oppure se sfocerà in una rinnovata democrazia partecipata.
Sul terreno della critica della politica come attività separata noi siamo stati ad oggi molto timidi. Anche le giuste intuizioni hanno avuto difficoltà a trasformarsi in pratiche politiche ed in una nuova identità adeguata alla fase. Assumiamo troppo spesso un tratto difensivo di chi ha giustamente paura che venga gettato il bambino con l’acqua sporca ma in questo modo rischiamo di avere una pratica politica poco efficace. Basti pensare al tema della corruzione su cui non abbiamo insistito abbastanza, delle retribuzioni degli eletti e dello stesso tema del finanziamento pubblico dell’attività politica, che abbiamo accettato si restringesse al finanziamento pubblico dei partiti. Basti pensare alla Federazione della Sinistra che abbiamo proposto e praticato con l’intento di intrecciare pratiche sociali, culturali e politiche ma la cui realizzazione concreta non è che una copia sbiadita dell’obiettivo che ci siamo posti. Non è in primo luogo un problema di linea politica ma di forme concrete di un processo di effettiva riaggregazione della sinistra.
Il primo terreno di riflessione e ricerca è quindi quello di come costruire un effettivo spazio pubblico della sinistra che faccia fino in fondo i conti con la critica della politica e dell’economia politica. Uscire da ogni politicismo per avviare un processo costituente di una sinistra di alternativa e di una terza repubblica basata sulla democrazia partecipata. Questo è l’obiettivo che ci poniamo, che poniamo ai compagni e alle compagne con cui abbiamo costruito la Federazione della Sinistra, che poniamo al complesso delle forze e degli uomini e delle donne che vogliono costruire una sinistra antiliberista nel nostro paese. La costruzione di un processo inclusivo e partecipato che costituisca il terreno della partecipazione politica unitaria a sinistra è obiettivo non rinviabile.
In secondo luogo dobbiamo rafforzare enormemente la nostra capacità di produrre una demistificazione delle spiegazioni dominanti della crisi e delle ricette che vengono messe in campo e nello stesso tempo dobbiamo avanzare una proposta compiuta e comprensibile di una politica economica radicalmente alternativa. In questo quadro decisivi sono i terreni della formazione e della elaborazione partecipata del programma per uscire a sinistra dalla crisi.
In terzo luogo dobbiamo riorganizzare il partito al fine di renderlo più efficace nella costruzione del conflitto e nella costruzione delle pratiche mutualistiche e del partito sociale. La nostra risposta alla critica della politica non deve concedere nulla ad una idea di delega al leader o alla personalizzazione della politica. Noi dobbiamo costruire una risposta alla critica della politica basata sull’autorganizzazione dei soggetti sociali su tutti i terreni: sociale, culturale, politico. Questa è la frontiera che oggi deve porsi un partito comunista per essere protagonista dello scontro sociale.
A tal proposito individuiamo i seguenti terreni di sviluppo del concreto lavoro politico:
1) Prosecuzione e intensificazione della mobilitazione per impedire la riforma del lavoro, la manomissione dell’articolo 18 e proponendo il reddito sociale. Occorre determinare la visibilità a livello di massa della nostra ferma opposizione, annunciando il referendum su queste norme.
2) Costruzione di una campagna per abolire l’IMU e sostituirla con la Patrimoniale.
3) Costruzione di una campagna contro il Fiscal Compact con l’obiettivo di impedirne l’approvazione a parte del Parlamento.
4) Lancio nel mese di luglio di una campagna sulle emergenze sociali e democratiche con la raccolta di firme su leggi di iniziativa popolare su cui raccogliere le firme durante l’estate.
5) Costruzione di una bozza di programma da far discutere nel corso dell’estate e su cui costruire un confronto largo con le forze della sinistra di alternativa e a livello di massa.
Approvato con 3 voti contrari