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Uno dei motivi per cui Monti ha goduto e continua a godere di grandi speranze è dato dal fatto che ha posto fine al governo Berlusconi. Adesso però diventa chiaro che al di là della diversa moralità dei due personaggi la politica è rimasta la stessa: strenuamente schierata con le classi dominanti nel fare una politica pesantemente antipopolare.
Potremmo dire che la forza dell’antiberlusconismo è stata la carta principale che ha avuto Monti: fino ad ora non viene giudicato per cosa fa ma sostenuto perché Berlusconi è peggio.
L’antiberlusconismo è una coperta che copre molte cose diverse. Io penso che Berlusconi e Monti sono le due facce della stessa medaglia:
Berlusconi è l’erede della Milano da bere, dei tangentari gaudenti e amorali che con i soldi pubblici hanno fatto la bella vita.
Monti è l’erede di Arisio – il capo dei capi – e della marcia dei 40.000 con cui la Fiat nel 1980 spezzò le ossa al movimento operaio. Monti è l’espressione del capitalismo austero, sabaudo e clericale, bacchettone ma innovatore in quanto padronale. Arisio adorava la Fiat e la presunta oggettività della tecnologia con cui sfruttare il lavoro, Monti adora il mercato e la presunta oggettività della speculazione finanziaria con cui spolpare il popolo.
Si tratta di due destre a cui va contrapposta una sinistra. Anche sul piano antropologico.
In Italia non sono esistiti solo i socialisti ladri e i capi della Fiat, non esistono solo Berlusconi e Monti, non esiste solo la commedia all’italiana e il paternalismo autoritario.
In Italia esistono anche milioni di persone che sono responsabili socialmente, egualitarie, democratiche e partecipanti. È a questa Italia che dobbiamo dar voce. In Italia non basta sconfiggere Berlusconi e il berlusconismo. In Italia vanno sconfitte le destre per costruire un percorso di trasformazione che abbia al centro la partecipazione, il lavoro, lo sviluppo dei beni comuni. Il mio italiano non si chiama né Monti né Berlusconi, è una delegata della Fiom.
Paolo Ferrero